Aritmologia in Campania

Elettrostimolazione Cardiaca

Dispositivi soggetti a recall: implicazioni cliniche organizzative e medico legali

I recall

I recall vengono classificati in:

  • Recall di CLASSE I : esiste la possibilità concreta che l’impiego di un dispositivo possa causare problemi gravi o anche il decesso;
  • Recall di CLASSE II : l’utilizzo di un determinato dispositivo può provocare problemi di salute reversibili con opportune cure mediche; comunque il rischio di eventi gravi è molto basso;
  • Recall di CLASSE III : il dispositivo in questione verosimilmente non causerà conseguenze sfavorevoli sullo stato di salute;
  • Safety alert o safety advisory: sono tecnicamente equivalenti ed hanno un peso ancora minore rispetto ai recall di classe III.

Nonostante una classificazione così analitica e puntiforme, esistono tuttavia diversi problemi relativi alla terminologia attualmente in uso che possono essere responsabili di incomprensioni e di una gestione non corretta delle potenziali anomalie di funzionamento. In primo luogo, il termine recall è raramente utilizzato nelle comunicazioni della ditta produttrice di dispositivi. In genere i costruttori definiscono advisory o safety alert le relazioni inviate per informare del rischio di un potenziale danno causato da un device. A differenza della definizione della FDA, che con tali termini indica situazioni a bassissimo rischio, nelle espressioni delle Industrie il termine safety alert comprende situazioni che corrispondono al recall di Classe I, Classe II o Classe III. Evidentemente tale difformità di linguaggio può contribuire a generare dubbi riguardo alle azioni da intraprendere per ridurre al minimo i rischi derivanti dall’uso del dispositivo potenzialmente malfunzionante. Inoltre, il termine recall può suggerire al medico l’idea che il dispositivo debba essere espiantato, e questa non è sempre la scelta più corretta. Per superare questi problemi, la Heart Rhytm Society (HRS) in un recente documento ha proposto di eliminare il termine recall e di cambiare la definizione di recall di Classe I in advisory notice di Classe I o safety alert di Classe I e la definizione di recall di Classe II e III in advisory notice o safety alert.

Al momento il punto controverso è se esista un livello oltre il quale il rischio di malfunzione debba indurre necessariamente una reazione. Diversi aspetti devono essere considerati nella definizione di soglia di reazione:

  • frequenza di malfunzione, ossia il rapporto tra il numero di dispositivi malfunzionanti ed il numero complessivo di quelli impiantati;
  • numero complessivo dei dispositivi a rischio: un malfunzionamento a bassa frequenza può essere critico se interessa un numero cospicuo di dispositivi impiantati;
  • implicazioni cliniche della malfunzione: anche un singolo evento, se associato ad alto rischio di morte o di danni gravi, è sistematico e deve essere segnalato se si ritiene che possa verificarsi in altri pazienti.
    In generale, sono raccomandabili una precoce revisione ed una immediata segnalazione delle malfunzioni quando i dispositivi interessati non rientrano negli standard definiti dalla FDA, quando risultano inefficaci nel trattamento di un’aritmia o nella stimolazione cardiaca, quando erogano terapie inappropriate potenzialmente pericolose per la vita o quando vengono trovati inaspettatamente inattivi. La HRS non considera opportuno definire una soglia fissa del tasso di malfunzione per avviare una procedura di segnalazione, né tentare di classificare tutti i tipi particolari di malfunzione che automaticamente fanno scattare un advisory . Piuttosto, è raccomandata una revisione regolare dei dati disponibili da parte di comitati di esperti per stabilire quando esista una performance inadeguata di un certo tipo di dispositivo.
    E’ verosimile che in futuro i medici ricevano advisory per dispositivi con rischio di malfunzione relativamente basso. Infatti negli ultimi anni le Aziende costruttrici hanno scelto per motivi di sicurezza e trasparenza una strategia di massima comunicazione di ogni problema tecnico.

La HRS raccomanda alle ditte costruttrici di stabilire standard di performance dei loro prodotti, di pubblicare annualmente i tassi di malfunzione per ogni singolo device e di utilizzare una terminologia comune per classificare le malfunzioni dei dispositivi e per renderle note ai medici ed alle autorità regolatorie, usando un formato standard per gli advisory . D’altro canto la HRS raccomanda ai medici di restituire alle ditte costruttrici tutti i dispositivi espiantati, non solo quindi in caso di malfunzione, ma anche nelle sostituzioni di routine. Raccomanda, inoltre, in caso di decesso del paziente, di effettuare l’interrogazione post mortem del dispositivo e/o l’espianto dello stesso, che deve essere restituito al costruttore per le verifiche tecniche.

Secondo le indicazioni della HRS, è indispensabile un monitoraggio attento dei risultati dell’attività del proprio laboratorio con particolare riguardo alla definizione del tasso di eventi avversi legati all’impianto ed all’espianto di pacemaker e defibrillatori. Il rischio legato all’espianto di un device potenzialmente disfunzionante e al successivo reimpianto deve essere valutato su base locale in modo da definire concretamente il rapporto rischio-beneficio di un reintervento. Qualora il rischio fosse elevato, andrebbero valutate soluzioni alternative, quali la riprogrammazione del dispositivo o follow-up più ravvicinati.

La sostituzione del dispositivo deve essere considerata quando:

  • il meccanismo che sottende l’anomalia tecnica è noto e potenzialmente ricorrente;
  • la possibile malfunzione può causare la morte del paziente o comunque gravi danni alla salute;
  • il rischio della sostituzione è minore del rischio di malfunzionamento del device;
  • il paziente è pacemaker-dipendente;
  • il paziente è stato sottoposto ad impianto di defibrillatore in prevenzione secondaria;
  • il paziente è stato sottoposto ad impianto di defibrillatore in prevenzione primaria, ma ha ricevuto terapie appropriate per tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare dopo l’impianto;
  • la prevista data di sostituzione elettiva del dispositivo è vicina.

Nella pratica clinica, nei pazienti pacemaker-dipendenti, in presenza di tassi di malfunzione del dispositivo maggiori dello 0.3%, è raccomandata la sostituzione del dispositivo, mentre nei pazienti portatori di defibrillatore in prevenzione primaria o secondaria la sostituzione dovrebbe essere indicata con un advisory del 3%. La sostituzione va raccomandata per un advisory dell’1% se la mortalità peri-procedurale è <0.1% o il rischio di aritmie potenzialmente fatali è >20%. Una valutazione personalizzata va effettuata in caso di:

  • presenza di bradicardia sinusale e/o BAV di II-III grado in presenza di un valido ritmo di scappamento (frequenza >40 bpm);
  • impianto in prevenzione secondaria, ma per TV non sincopali e che non abbiano richiesto una rianimazione cardiopolmonare né una cardioversione elettrica;
  • il paziente ha ricevuto terapie di pacing antitachicardico appropriate, ma non shock;
  • la TV è ben tollerata dal punto di vista emodinamico; la batteria ha superato il 50% della vita media prevista.

Infine, si consiglia di tranquillizzare il paziente e proporre controlli periodici almeno ogni tre mesi nei seguenti casi:

  • il paziente ha un valido ritmo spontaneo;
  • l’indicazione all’impianto è in prevenzione primaria;
  • il paziente non ha ricevuto shock appropriati per TV/FV.

Altro elemento strategico nella valutazione della performance di un device è l’affidabilità a lungo termine degli elettrocateteri di stimolazione e di defibrillazione. Negli scorsi decenni si sono verificati con una frequenza inaccettabilmente elevata casi di disfunzionamento di cateteri bipolari, ad esempio per difetto di isolamento del rivestimento interno in poliuretano, dovuto ad un processo di ossido-riduzione ionica dei metalli. Fortunatamente in epoca recente sono stati effettuati progressi tecnici ragguardevoli, che hanno condotto ad una sensibile riduzione degli inconvenienti legati ai cateteri elettrostimolatori. Al contrario, ci si attende una maggiore attenzione nella determinazione dei materiali e nella tecnologia di costruzione degli elettrocateteri da defibrillazione, che ancora oggi mostrano limiti di sicurezza e malfunzionamenti dovuti a difetti di isolamento, o anche a difetti di impedenza, di sensing, blocco di uscita e fratture.
Senza dubbio i medici e le Società Scientifiche sono chiamati a svolgere un ruolo centrale nel rilevare e diffondere tutti i casi di malfunzionamento, dal momento che allo stato attuale la comunicazione di un recall è lasciata all’iniziativa della ditta produttrice. Quest’ultima invia contemporaneamente una relazione agli organismi regolatori, al Ministero della Salute, ai medici, ai Centri di Elettrostimolazione ed alle rispettive Direzioni Sanitarie, oltre ad una pubblicazione sul web e ad un comunicato stampa.
Un flusso informativo così articolato fa sì che nella maggior parte dei casi il paziente riceva notizia del potenziale rischio dai media, con conseguente ansia ed insicurezza. Viceversa, sarebbe molto più virtuoso un flusso informativo che ponesse al primo posto medici, organi regolatori e Società Scientifiche e che solo come ultima tappa portasse la comunicazione ai media. E’ auspicabile che le Società Scientifiche, di concerto con le istituzioni di Sanità pubblica, gli enti regolatori e le Aziende, provvedano ad attivare Registri indipendenti sulla performance dei dispositivi, ad elaborare linee guida per una corretta e condivisa gestione degli advisory e a monitorare la frequenza di sostituzione di ogni device a rischio e le complicanze legate sia al malfunzionamento in sé che alle procedure chirurgiche di sostituzione. Dal 2004 l’AIAC ha isituito una Task Force permanente denominata “Registro Avarie e Complicanze”, pubblicando numerosi documenti contenenti le raccomandazioni per la gestione dei recall .
E’ evidente che il crescente numero di recall , unitamente alle sempre maggiori conoscenze dei pazienti, possa condurre ad un incremento di dispute legali fra le diverse parti in causa; pertanto diventa fondamentale per il medico applicare le linee guida ed informare il paziente in maniera esaustiva. Il modulo di consenso informato sottoposto al paziente prima dell’intervento deve contenere l’informazione che i dispositivi impiantabili possono andare incontro a problemi tecnici, quali rottura o malfunzionamento.
Dopo l’invio di un advisory , il medico deve individuare tutti i pazienti portatori del device a rischio, richiamarli ed applicare le misure correttive previste dai protocolli di intesa. E’ opportuno e prudente conservare documentazione scritta e firmata dal paziente contenente gli eventuali controlli aggiuntivi e le informazioni fornite. Nel caso in cui il paziente sia stato perso al follow-up va fatto ogni tentativo, per le vie ufficiali, per rintracciarlo e sottoporlo a verifica.

Negli ultimi anni i progressi dell’informatica e delle telecomunicazioni hanno consentito di sviluppare sistemi di controllo a distanza dei dispositivi impiantati. Alcuni meccanismi sono basati sulla trasmissione transtelefonica dei dati e presuppongono la collaborazione del paziente e la disponibilità di una linea telefonica standard. In altri casi viene utilizzata la tecnologia GSM per la trasmissione delle informazioni ed una piattaforma internet, sulla quale i dati sono elaborati e resi disponibili per il medico referente attraverso un accesso protetto.
Gli innegabili benefici di un monitoraggio remoto nella sorveglianza dei dispositivi in advisory sono legati alla possibilità di analizzare in maniera completa ed in tempi molto brevi tutte le informazioni tecniche e cliniche presenti nella memoria del device. In tal modo è possibile adottare le misure più corrette in caso di allarme e gestire in modo flessibile i dispositivi a rischio.